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Giorgina

Questa storia, la nostra storia, inizia con un uovo.
E' nato prima l'uovo o la gallina?
E nel nostro caso, è nato prima l’uovo o la tacchina?

Il dilemma storico non troverà mai risposta perché ogni tacchino riproduttore viene da un uovo selezionato e pregiato al quale viene concesso di schiudersi e di esistere un po’ di più di altri per diventare un "riproduttore".
E ogni riproduttore depone o feconda un uovo che viene lasciato schiudere per morire pochi mesi dopo.
I tacchini da carne ed i loro riproduttori.
Selezione e destini segnati.

Ma cosa o meglio, chi sono i "riproduttori"?
Sono individui, maschi e femmine, che vengono tenuti lontani e divisi.
Padri e madri inconsapevoli, che non vengono mai fatti incontrare e che mai conoscono i propri figli.



A Montebenichi, a pochi chilometri da Agripunk, c’è un allevamento di tacchini riproduttori.
Vivono in dei capannoni, separati per sesso.
Le femmine in alcuni capannoni e i maschi separati, in altri capannoni.
Almeno fino a qualche anno fa, il procedimento era questo.
Ogni giorno entra un dipendente, si siede su una strana sedia con strani archibugi (pinze, ganci e cuscinetti) ed uno ad uno prende i tacchini riproduttori e preleva il loro seme.
Lo fa agganciando le zampe alla pinza, tenendo ferma la testa coi cuscinetti e mettendo quello che preleva in una provetta.
L’immagine ci ricorda un tavolo di tortura, dove i torturati sono i tacchini ma anche il dipendente che acconsente di masturbare tacchini per un misero stipendio.
I torturatori invece sono Amadori e tutti i suoi clienti tipo Mc Donald's (giusto per citarne uno a caso).
Finito coi maschi, portano la strana sedia dalle tacchine riproduttrici.
Agganciandole ad una ad una nello stesso modo, iniettano loro il seme.
Questo ogni giorno.
Ce l’ha raccontato una persona che per anni lo ha fatto questo lavoro, in quello stabilimento, a quegli animali.
Una persona conosciuta durante un banchino ad una festa di paese.

In natura l’ovulazione della tacchina inizia con i primi caldi, circa all’inizio della primavera, proprio come accade alle galline.
La tacchina deporrebbe un uovo ogni giorno fino ad averne circa una quindicina che poi, se fecondate dal tacchino, verrebbero covate dando inizio, dopo circa 21 giorni, ad una nuova famiglia.
Ma questo in natura e lì dentro la natura è solo un sogno.
Tenendo le ore di luce e la temperatura controllate e costanti tutto l’anno come fosse un'eterna primavera, le tacchine sono portate a deporre di continuo, tutto l'anno, un uovo ogni giorno.
E sempre ogni giorno, prima di deporlo, vengono fecondate artificialmente…
Il padre dei loro pulcini non lo vedono mai.
Mai si incontrano.
Nessun corteggiamento, nessuno sfoggio di piumaggio e colori e danze tipici dei rituali di accoppiamento di questi magnifici uccelli.
Sempre ogni giorno le uova vengono portate via dopo essere state selezionate, lavate e suddivise in quelle belle, perfette e sane da portare a Cesena a far schiudere e in quelle imperfette, quelle brutte, piccole e che rimangono sporche.
Che comunque sono fecondate e, nonostante questo, vengono vendute ai pastifici per usarle per produrre lasagne e pasta varia all'uovo e prodotti pasticceri.

A Cesena le uova arrivano e vengono fatte schiudere, covate da incubatrici.
I pulcini nascono dentro a contenitori di polistirolo.
Vengono suddivisi ulteriormente.
Le femmine verranno distribuite agli allevamenti da ingrasso del gruppo, del consorzio o ai terzisti che le gonfieranno fino al momento della macellazione.
I maschi più belli torneranno nella catena dei riproduttori, quelli più sfigati verranno gettati come rifiuti.

Nessun* tacchin* vede nascere i propri pulcini.
Viene loro negata la possibilità di essere genitori amorevoli.
La femmina di tacchino, secondo la tradizione, si dice essere una delle più materne e premurose.
In natura coverebbero nidi anche non loro e nelle aie di una volta covavano le uova delle galline che non volevano covare.
Sono animali monogami, scelgono un compagno per tutta la vita e sono genitori premurosi e protettivi.
Mai provato ad avvicinarvi ad un tacchino mentre scorta la famigliola al pascolo?
Forse si, ma di sicuro non era una famiglia di questi tacchini.
A questi tacchini selezionati viene negata ogni possibilità.
Per loro è tutto già scritto, il loro futuro è selezionato e deciso alla precisione.

Allevano solo femmine, perchè più "tenere", dicono.
Negli allevamenti le tacchinotte arrivano quando hanno pochi giorni e rimangono dai 3 ai 4 mesi dentro a dei capannoni con la luce accesa di continuo, per restare sempre sveglie e mangiare molto più del normale.
Per farle ingrassare velocemente, per raggiungere in poco tempo il peso dettato dagli standard di mercato.
Per farle raggiungere questo "peso ideale", vengono alimentate con un mangime prodotto dallo stesso consorzio che "produce" le uova...tutto loro, tutto "fatto in casa".
Questo mangime consiste in pellets contenenti ingredienti grassi e proteici di dubbia derivazione ad esempio farine di cereali e soia ogm e grassi animali, alla faccia di tutto quello che invece viene decantato ossia "materie prime coltivate in Italia senza ogm e assenza di mangimi animali".
Aggiustato ulteriormente di integratori, vitamine e sali per aumentare la ritenzione idrica.

Questi tacchinotti arrivavano anche qui ad Ambra.

Dopo una vita del genere, ad appena 3 mesi di vita partivano per essere portati a morire.
Venivano caricati in camion a doppio rimorchio, tanti camion che restavano tutta la notte per notti intere col motore acceso.
Caricati con un nastro trasportatore e stipati nelle gabbie senza nemmeno un pò di attenzione.
Gli animali venivano pigiati dentro spezzando loro le ali, le zampe.
Chiudendoli lasciando fuori sempre una parte del loro corpo.
La loro direzione era il centro di macellazione e trasformazione della Avi.coop di Monteriggioni dove, una volta arrivati, venivano scomposti e ricomposti in vaschette di plastica per poi essere portati nei frigo dei supermercati da personale sottopagato.

Giorgina e Lisetta erano due di loro.

Tante volte, la sera o il fine settimana, quando non c'era nessuno, facevamo il giro attorno al capannone 7.
Era l'unico non blindato e non chiuso a chiave.
Essendo il più lungo di tutti e contenendo quindi un numero maggiore di animali, l'impianto di areazione non bastava quindi, soprattutto nei mesi più caldi, veniva lasciato aperto uno dei 2 portoni, a volte anche entrambi.
Noi passavamo e andavamo a vedere come stavano i tacchini.
Ogni volta ci si spezzava il cuore.
Stavano lì, pallidi ed evanescenti, immobili e assenti.
Quando arrivavamo si attivavano, si alzavano e ci venivano incontro implorando pietà, chiedendo aiuto... un qualsiasi aiuto.
Così abbiamo iniziato a filmarli e fotografarli.
E a fotografare tutto intorno, negli angoli dove si riusciva ad andare.

Ma non era facile entrare... i cancelli vari avevano i lucchetti.
Così un giorno abbiamo chiesto di poter coltivare un pezzetto di terra oltre l'allevamento, per avere la scusa per poter passare in ogni momento.
Un giorno molto caldo, passammo davanti al capannone 7 che era aperto perchè all'interno l'aria era rovente.
Passammo, buttando una rapida occhiata.
Ci fermammo.
Tornammo indietro e guardammo dentro.

Una massa enorme, rumorosa e senza fine di piume e becchi si stagliava davanti ai nostri occhi.
Sembrava come se ci fosse uno specchio davanti a noi che rifletteva un altro specchio dalla nostra parte proponendo all'infinito il suo riflesso.
Quel capannone è 100 metri per 10.
Ogni tacchino secondo il regolamento sul "benessere animale" dovrebbe avere a disposizione, in un allevamento a terra, 0,50 metri per 0,50.
Lì dentro potevano starci 2000 animali... ce n'erano quasi 7000....più del triplo.
Una massa enorme di occhi spenti e cuori impazziti per il calore.
Le lacrime scesero, calde di rabbia e una voce alle spalle ci fece trasalire.
Dovemmo tornare al nostro orto.

Qualche tempo dopo, il nostro "vicino di casa" venne a parlarci: se ne andava, doveva andare via, lo mandavano via.
Avrebbe consegnato gli ultimi tacchini al loro esecutore.
Gli dicemmo che almeno uno lo volevamo, almeno ad uno volevamo evitare l'esecuzione e gli dicemmo che se non ce lo avesse dato lui, ce lo saremmo preso comunque, la notte stessa.
Dopo qualche giorno di insistenza e pressioni, fu costretto a prendere 2 tacchine dal capannone 7 e consegnarcele.
Era il 4 aprile 2014.

Lisetta ha vissuto con noi per 5 mesi, Giorgina invece ci ha lasciati il 20 di aprile 2016, poco più di 2 anni dopo la sua liberazione.
Si è spenta circondata dai suoi compagni e compagne, soffocata da quel petto che non smetteva di crescere a causa della selezione genetica che ha creato tacchini che, a soli 3 mesi, hanno già il peso di un animale adulto.
Il suo cuore grande non ha resistito, le sue zampe non la sorreggevano se non per pochi minuti negli ultimi tempi.
Barry, il tacchino siculo, le ha portato un pò di vitalità e ha allietato le sue ultime giornate.
Ha finalmente potuto sentirsi davvero una regina, corteggiata dal suo nuovo ed aitante compagno.
Ma lei una regina lo era già, lo è sempre stata.
E' stata molto di più.
E' stata ispirazione, è stata forza, è stata liberazione.
Ogni belva nuova che arrivava, doveva per forza andare da lei a farsi raccontare la sua storia, che è la storia della casa che ora è di tutti loro.
Ora casa sicura, prima prigione mortale.
Lei la sua storia l'ha raccontata a chiunque volesse ascoltarla.
Ora non potrà più farlo.
Sarà compito nostro continuare a far ascoltare il suo racconto mentre lei continuerà a sospirare guardando i capannoni vuoti e ogni sospiro sarà un alito di vento che ci ricorderà di continuo per cosa stiamo lottando.

Non lottiamo per un tacchino, nemmeno per una mucca, oppure per una capra.
Lottiamo per far uscire allo scoperto le incongruenze, i paradossi ed i crimini della zootecnia.
Lottiamo per far capire come la lotta contro lo specismo sia legata strettamente a tutte le altre lotte.
Lottiamo per scardinare le fondamenta di questo mondo sbagliato.
E sempre lo faremo in suo onore, in suo nome.
Perchè Lisetta ci ha insegnato che un tacchino salvato non è immortale,
Giorgina invece ci ha insegnato che si, può esserlo e lei ora lo è.
Non smetteremo mai di ringraziarle entrambe per tutto quello che ci hanno dato, per aver condiviso con noi la loro vita, per averci dato la forza di continuare a cercare di salvarne molte altre.

Ciao bimbe.